Mutazioni

By: Salvatore Simioli

Sep 22 2018

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Category: Politics

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Nelle produzioni discorsive delle forze politiche venute alla ribalta con le elezioni del 4 Marzo, abbondano, in chiave tanto difensiva quanto offensiva ed in più forme, continui riferimenti al tema dell’identità, facilmente rintracciabili nella volontà di tutelare fasce ristrette e riconosciute della popolazione e più facilmente ancora, inquadrabili nella rivendicazione conservatrice di una forte sovranità nazionale. La crisi del 2008, ha presentato per la prima volta, alle democrazie occidentali, il problema di un capitalismo astratto e globalizzato, non più localizzato sui territori se non quasi totalmente emancipato dai capitalisti stessi, e per questo sempre più difficilmente regolabile in chiave keynesiana. Ciò che ne è conseguito è stata un’impotenza organizzativa senza precedenti. L’impossibilità generalizzata di far fronte in qualche modo a questi processi, si è manifestata sia ad un livello istituzionale, logorando gli istituti e fertilizzando i discorsi dei populismi odierni, che ad uno di movimento, spopolando cortei e piazze.

I partiti così come ogni soggetto di intermediazione, hanno scontato per primi la loro impotenza politica, dimostrando di non avere di fatto alcuna possibilità di riformare sostanzialmente il sistema sociale. Il disincanto per ogni cambiamento, unito alla paura di vedere ridotto il proprio tenore di vita, hanno generato una forma di rabbia politica che non è stato possibile catturare nei movimenti antagonisti, poiché dimostratasi in grado di misurarsi solo ed esclusivamenteisolandosi nel risentimento.(1)

Le nuove forze politiche populiste, che sono sorte cavalcando questa rabbia, dal momento in cui si sono scoperti anch’essi impotenti e assoggettati a tecnici e tecnostrutture preesistenti ne hanno incanalato il malcontento nel già noto meccanismo liberista che la ingiunge a ricercare sempre il responsabile nel soggetto più debole, rinvigorendo così discorsi xenofobi di tutti i tipi.

L’impossibilità di incidere sul piano del diritto socio-economico ha fatto sì che la frustrazione di queste forze politiche si esprimesse in una più generale ed indiscriminata lotta alla differenza sul piano del diritto civile. Ad oggi l’unico Stato che hanno dimostrato di saper costituire è uno Stato di Polizia, che delega il governo al mercato e ne prende in carico ‘la governance’ ovvero la mera amministrazione della ricchezza entro direzioni già date, per esercitare il potere solo in forma di repressione feroce.(2)

Una forma analoga di disorientamento e impotenza si registra in gran parte anche nella politica partecipata dei movimenti, dove la difficoltà a tracciare piattaforme di rivendicazioni comuni che superino l’atomizzazione della società precarizzata, soltanto precede la difficoltà più grande di non avere un soggetto a cui muoverle. È solo facendo fronte di resistenza ai nazionalpopulismi che i movimenti riescono a intavolare sul tema dei diritti civili LGBTQI+, o più in generale su quello delle soggettività oppresse, una forma di conflitto concreto, riuscendo ad assemblare grandi moltitudini, e a mobilitarle attorno a piattaforme sperimentali e talvolta affermative.(3) Se l’ impotenza delle forze politiche moderate e il disorientamento dei movimenti ha consegnato le chiavi ai populismi, è soprattuto perché il risentimento dapprima citato non ha trovato altre espressioni se non nel punitivo. La c.d. maggioranza silenziosa4, complementare delle minoranze rumorose militanti, ha trovato negli ultimi anni un modo di esprimere il proprio dissenso molto più incisivo dell’astensione al voto, ovvero nell’utilizzo dei social network e delle piazze virtuali, dove la vessazione è diventata generalizzata e gratuita. L’atteggiamento positivo e ottimista che vedeva nei processi di disintermediazione che avrebbero reso possibili i social, una garanzia contro leaderismi populisti oggi deve fare i conti con una realtà sicuramente più complessa. La fragilità e la frustrazione del paese reale, ha rinvigorito il potere della narrazione come mezzo prediletto per conquistarne i luoghi. La partita politica viene dunque giocata con la strategia dell’incanto, ed indirizzata alle crisi di astinenza di un soggetto che per tanto deve necessariamente restare disincantato.

 

Note.

1 Vd. BIANCHI L., La Gente, Viaggio nell’Italia del risentimento, Roma, MinimumFax, 2017.

2 Cfr. BERARDI F., Dopo l’Unione Europea, http://effimera.org/lunione-europea-franco-berardi-bifo/, 2017

3 Si veda ad esempio la piattaforma di rivendicazioni Abbiamo un Piano redatta all’interno di assemblee territoriali e tavoli di lavoro del movimento femminista Non Una di Meno, attorno al quale lo scorso 8 Marzo si sono mobilitate a Roma 20.000 persone. http://it.euronews.com/2018/03/08/8-marzo-in-20mila-a-roma-per-il- corteo-femminista .

4 Cfr. MAZZONI G., I Destini Generali, Roma-Bari, Gius. Laterza&Figli, 2015.

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